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LA NASCITA DELL’ALTA MODA E DELL’ITALIAN STYLE

Forse non tutti sanno che fino alla fine dell’Ottocento la moda non esisteva: tutto era affidato al lavoro delle singole sartorie.

L’alta moda, così come la conosciamo oggi, nasce a Parigi agli inizi del 900.

Il capostipite dei creatori di moda è stato l’inglese Charles Frederick Worth, che arrivato a Parigi quando era ancora ventenne alla fine dell’800, apre una sartoria in Rue de la Paix e inizia a firmare e a presentare le sue creazioni una volta all’anno e a vestire come Eleonora Duse e Sarah Bernhardt.

Con Worth inizia così a delinearsi la una figura stravagante e creativa: il couturier (creatore).



La vera consacrazione dell’alta moda avviene però nei primi anni del 900 in occasione dell’Esposizione Internazionale al Papillon d’Elegance dove le vecchie sartorie trasformatesi in “maisons” (case di moda), presentarono per la prima volta le loro creazioni a un pubblico internazionale.



L’Italia inizia invece ad operare nell’alta moda nel 1949, terminata la guerra. La moda italiana diventa un cult internazionale quando le sorelle Fontana balzano alla ribalta grazie al vestito da sposa realizzato per Linda Christian in occasione del matrimonio con Tyrone Power.



In quegli anni in cui gli americani prendono possesso di Cinecittà e il cinema da quel momento porta molto lavoro alle sorelle Fontana ma anche ai nuovi stilisti nascenti quali: Emilio Federico Schubert, Valentino, Roberto Cappucci, Iole Veneziani, Biki, Germana Marucelli.



Il boom degli anni ’50 consente all’Italia di andare in competizione con paesi come la Francia, da sempre leader del settore.

La prima sfilata italiana, alla quale si fa risalire la nascita dell’alta moda italiana, avviene a Firenze ad opera del marchese Giovanni Battista Giorgini che il 12 febbraio 1951 organizza nella sua casa fiorentina il “First Italian High Fashion Show”.

Con cocciuta determinazione riesce a convincere i presidenti dei magazzini americani a venire a Firenze il giorno dopo le sfilate di Parigi e organizza una sfilata con dieci stilisti italiani ciascuno dei quali presentava con diciotto modelli. All’High fashion show partecipano oltre alle sorelle Fontana, Emilio Schubert, la casa di moda Fabiani, Noverasco, Veneziani, e anche Germana Marucelli, anticipatrice del new look di Christian Dior.

Il gruppo dei compratori tornò in america entusiasta e quando Giorgini organizzò la seconda sfilata vennero dall’america in 300. Fu un successo strepitoso tanto che il comune di Firenze, per la sfilata successiva, autorizza l’utilizzo di Palazzo Strozzi prima e Palazzo Pitti poi.

Prima delle sfilate di Giorgini, il fenomeno commerciale della moda non esisteva.

Le case di alta moda, infatti, vendevano solo ai privati. Intanto dal ’58 al ’63 il grande boom fa aumentare i consumi del 5%. e l’esportazione passa da un passivo di 187 miliardi, a un attivo di 124,3 miliardi.

Molti stilisti iniziarono a creare l’alta moda pronta, ovvero il prodotto di alta moda confezionato ad hoc per essere fruibile non solo da un’elite. Il primo a intraprendere questa strada è stato lo stilista francese Pierre Cardin, seguito ben presto da altri atelier. Anche in Italia nasce così il prêt-à-porter.

Le boutique più importanti iniziarono a vendere non più abiti su misura ma confezionati in taglie, adattabili quindi a tutti i clienti e a costi più bassi. La qualità dei vestiti è comunque molto alta, anche grazie ai materiali usati: vengono utilizzate infatti stoffe pregiate, seconde solamente a quelle inglesi.

È in questo periodo, in questo meccanismo commerciale, che si sviluppa il nuovo settore pubblicitario che porta alla nascita dell’editoria specializzata in moda.



Alla fine degli anni ‘60 la contestazione politica coinvolge anche il mondo della moda.

La rottura col passato diventa evidente, soprattutto tra i giovani. Nascono movimenti come gli yuppie che rivoluzionano completamente il modo di essere e di apparire. La stilista londinese Mary Quant crea la minigonna, simbolo della moda di quegli anni.

La minigonna infatti significa giovinezza, libertà, movimento.

Improvvisamente le donne hanno voglia di vestire in modo informale. Il ’68 investe anche l’Italia e negli anni ’70 gli operai iniziano una serie di scioperi e di occupazioni delle fabbriche che mandano in crisi il settore tessile, costringendo molte fabbriche a chiudere. Molti paesi superarono questa crisi decentrando la propria produzione: gli Usa nelle aree satellite del Centro America, la Francia nell’Africa del nord, la Germania nell’Est europeo.

L’Italia però non avendo aree satellite è costretta a ripiegare sulla propria struttura interna industriale.

L’intera produzione tessile viene decentrata in un articolato sistema di piccole e medie imprese. Tale soluzione porta grande innovazione nella produzione grazie alla flessibilità, ovvero alla capacità di cambiare rapidamente il genere produttivo.

Artefice di questa idea è stato Marco Olivetti che riesce a rivitalizzare l’industria tessile grazie al rapporto instaurato con gli stilisti e in particolare con Giorgio Armani.

Allenza tra stilismo e industria e quindi tra creatività e imprenditoria, segna la nascita del Made in Italy. È proprio grazie all’incontro e alla collaborazione tra questi due mondi così diversi che, negli ultimi 20 anni del 900, si afferma la moda italiana nel mondo.

Negli anni ‘70 il rapporto tra stilismo e industria diventa sempre più stretto e si istaurano i primi licencing, ovvero i primi rapporti di licenza del marchio.

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